Ci sono diverse ragioni per cui le organizzazioni del settore bancario possono rappresentare una sorta di apripista per tutte le aziende che puntano a individuare, prevedere e prevenire i fattori di rischio ESG. La disciplina del risk management legata ai temi ESG (Environmental, Social, Governance) è infatti ancora molto giovane, e per questo in piena evoluzione, come del resto lo sono le competenze che ruotano intorno al mondo della sostenibilità. Il forte ancoraggio degli istituti finanziari a framework normativi e regolamentari costituisce in questo senso un valido punto di partenza per delineare il percorso lungo cui potrà evolversi.
Ma essendo anche il Finance in una fase pionieristica, non sono poche le banche che stanno ancora elaborando un approccio sistematico per inquadrare tutte le componenti che concorrono a determinare questi nuovi scenari di rischio.
Il punto è che per determinare i fattori di rischio ESG è necessario sviluppare una visione più ampia e più concreta dell'impatto che i vari processi aziendali possono avere sull'ecosistema in cui opera un'organizzazione. Il settore finanziario è per sua natura sistemico e sensibile alla definizione di regole che permettono di descrivere in termini estremamente accurati i legami tra emittenti, intermediari e utenti finali, con tutte le ricadute che le varie interazioni possono avere su gran parte del sistema economico.
Il tema ESG è quindi destinato a diventare una naturale estensione delle pratiche di autoregolamentazione e dello studio dei rischi diretti e indiretti per i vari attori della filiera, specie per quanto riguarda le operazioni di esternalizzazione. Il vero salto di qualità dovrà però avvenire, come accennato, rispetto alla capacità di maturare uno sguardo più esteso e più profondo rispetto a quello adottato per valutare i classici rischi operativi.
Non basta dunque avviare una procedura di assessment tradizionale: se pure è necessario effettuare una serie di analisi dei processi, a differenza di altre metodologie che fanno leva su logiche a silos - da far convergere a posteriori per generare una mappa complessiva degli scenari di rischio - l'ambito ESG impone da subito la creazione di visione olistica. Bisogna quindi partire da un'analisi di alto livello e scendere gradualmente nel dettaglio di ciascuna istanza. Come? Sviluppando strumenti e criteri per governare le varie tematiche in chiave top-down, coinvolgendo i vari settori aziendali e inquadrando un perimetro di massima per effettuare uno o più assessment. Fondamentale che l'approccio sia uniforme, generalizzato, in modo da evidenziare con il medesimo rigore sfumature che possono cambiare a seconda dei processi e delle dimensioni operative sotto osservazione.
Da non sottovalutare, inoltre, la possibilità di ricorrere anche all'esterno per definire in modo appropriato l'impatto – reale e percepito – dei fattori di rischio ESG. Confrontandosi con il vasto tema delle certificazioni, le banche possono per esempio fare leva sulla consulenza di partner
specializzati per adottare metodologie e prassi che contribuiscano a fornire un giudizio di qualità più oggettivo. L'altro versante è quello dei propri stakeholder: clienti, naturalmente, ma non solo. Riuscire a identificare e soprattutto ad aggiornare gli scenari di rischio ESG potrebbe in effetti anche voler dire rivolgersi a utenti interni, partner, e authority per ricevere feedback puntuali sugli effetti che genera la condotta dell'istituto sull'ambiente circostante, anche in relazione a fattori esogeni concomitanti.
A prescindere dal modo in cui ciascuna banca vorrà far convergere queste opportunità in un'analisi estesa dei fattori di rischio ESG, è essenziale ricordare l'importanza della componente antropologica in qualsiasi tipo di valutazione: è forse questo l'aspetto di maggior rilievo da tenere presente nello sviluppo di un nuovo approccio alla disciplina del risk management.
Topic: Risk Governance